Continua il risiko in Asia Centrale tra Cina, Russia e USA

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Pechino accorda forti investimenti in Tadzhikistan, Kyrgyzstan e Uzbekistan in campo industriale e finanziario, mentre Washington rafforza la cooperazione con Georgia, Azerbajdzhan e Armenia sul piano energetico. La Russia di Putin intenzionata ad aumentare la sua egemonia sull’area.

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Investimenti, accordi energetici e un rapporto privilegiato per favorire la crescita. Questi sono gli elementi dell’accordo stretto tra Cina, Tadzhikistan, e Kyrgyzstan lo scorso 4 Giugno, nel corso di un vertice, organizzato a Pechino, dedicato al rafforzamento delle relazioni tra la Repubblica Popolare Cinese e gli stati dell’Asia Centrale.

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I presidenti di Cina, Tadzhikistan e Kyrgyzstan, Wen Hu Jintao, Emomali Rachmom e Almazbek Atambaev, hanno concordato un piano di azioni che rafforza la presenza di Pechino nel settore dell’energia, dello sviluppo economico e degli investimenti finalizzati al rafforzamento della sicurezza regionale.

Nello specifico, la Cina ha accordato al Tadzhikistan un prestito di 50 milioni di Dollari per il rifacimento di strade e infrastrutture, di 150 milioni di Yuan per lo sviluppo economico, e un accordo con il colosso petrolifero China National Petroleum Corporation per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e greggio del Paese.

Con il Kyrgyzstan, Pechino ha invece accordato un finanziamento di 250 Milioni di dollari per la costruzione della raffineria di Kara-Balta, un prestito per conto della Export Bank of China per la ristrutturazione delle infrastrutture energetiche, e un memorandum per la collaborazione in campo tecnologico.

Oltre a Tadzhikistan e Kyrgyzstan, la Cina si e dimostrata interessata anche al rafforzamento delle relazioni con l’Uzbekistan. Il 7 Giugno, Hu Jintao ha firmato con il Presidente uzbeko, Islam Karimov, una quarantina di accordi commerciali che porteranno i cinesi a versare incestimenti pari a 5,2 miliardi di dollari nel settore tecnico e industriale.

Parallelamente all’avanzata cinese negli stati più orientali dell’Asia centrale, si e evoluta anche la situazione nel Caucaso. Questa regione, anch’essa ricca di giacimenti naturali, per due secoli e stata dominata dalla politica imperiale della Russia zarista e sovietica, ed oggi cerca di sfuggire alle mire egemoniche del regime di Putin per aprirsi all’Occidente e sviluppare le proprie strutture economiche e democratiche.

Il 6 giugno, il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, ha compiuto una serie di visite in Georgia, Azerbajdzhan e Armenia. A Tbilisi, la Clinton ha espresso apprezzamenti per i progressi operati dal presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, in campo economico, e ha ribadito il sostegno di Washington all’ingresso della Georgia nella NATO.

Più delicata e stata la visita in Azerbajdzhan, dove la Clinton si e soffermata sui rapporti molto tesi con l’Iran per richiedere il sostengo di Baku nel confronto con il regime dittatoriale di Akhmadinedzhad. Il Presidente azero, Ilkham Alijev, ha dichiarato la neutralità del suo paese in caso di guerra tra USA e Teheran, e ha sottoscritto un protocollo di intesa per la collaborazione energetica con Washington per consentire all’Occidente di diminuire la dipendenza energetica dalla Russia.

Infine, la Clinton si e recata anche in Armenia, dove ha speso parole di lode per i progresso compiuti da Yerevan per lo sviluppo delle strutture democratiche, e ha invitato le Autorità armene a porre fine al più presto alle tensioni per il possesso del Nagorno-Karabakh con il vicino Azerbajdzhan.

Ad eccezione dell’Armenia – paese che mantiene un rapporto privilegiato con Mosca – la visita del Segretario di Stato USA nel Caucaso e stata accolta con soddisfazione, poiché essa ha rappresentato una delle poche dimostrazioni di interesse dell’Amministrazione Obama nei confronti di una zona geopolitica che vede in Washington un alleato imprescindibile per controbilanciare le ambizioni egemoniche della Russia.

Georgia e Azerbajdzhan fanno fronte comune con la Turchia

Con il ritorno al Cremlino di Vladimir Putin, Mosca ha infatti dato slancio ai progetti di integrazione internazionali nello spazio ex-sovietico, ai quali, dopo Kazakhstan e Bielorussia, il Presidente russo ha dichiarato di volere anche l’Ucraina e gli altri Paesi del Caucaso.

Per impedire l’incremento del potere dei russi nella regione, l’8 Giugno e stato firmato un protocollo di intesa tra Georgia, Azerbajdzhan e Turchia per la garanzia degli interessi geopolitici delle tra parti coinvolte.

Inoltre, Tbilisi, Baku ed Ankara si sono unite per sfruttare al meglio le risorse energetiche, e presentarsi all’Occidente come un valido partner per l’esportazione di gas e greggio alternativo alla Russia, che oggi – così come in epoca URSS – si avvale dell’oro blu per portare a termine i suoi progetti di espansione imperiale in Europa Orientale.

Matteo Cazzulani

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